Il mondo plurale è un mondo al plurale, un mondo cioè conosciuto, pensato e vissuto al plurale. E’ il mondo dei popoli, non il mondo globale.
Io sono italiana, grazie a questo, ossia a un fondamento storico culturale, sono europea e per le interconnessioni con le aree non europee sono cittadina del mondo. Una forte comunanza lega i popoli non solo europei. L’uguaglianza naturale (fisico biologica) di per sé non è significativa. E’ bene ricordarla ed esserne consapevoli per rintracciare in ogni individuo e raggruppamento umano i tratti distintivi della nostra specie, ma molto più importante è saper rintracciare nella storia e nella cultura gli elementi comuni, perché sono questi che ci permettono oggi di capirci e di dialogare. Il dialogo interculturale è diventato perciò una necessità imperiosa, urgente, ineludibile se vogliamo percorrere la rotta che ci porterà ad individuare i veri obiettivi del progresso umano e a riconoscere ognuno gli elementi non essenziali ed esteriori della propria visione del mondo o delle proprie tradizioni per non esserne più condizionati.
Ma se non si vuole ricadere in una visione astratta ed inefficace dell’uguaglianza o dei diritti fondamentali, al tempo stesso sono da riconoscere le differenze, ossia le diverse identità nazionali, culturali e religiose coesistenti oggi, come ieri, anche in uno stesso spazio geografico. La mancanza di una seria prospettiva storica (e la presenza di una opinione pubblica deformata) fa apparire a molti questa coesistenza come un fatto innaturale, inusitato, pericoloso.
Il fallimento dei modelli di convivenza messi a punto fino ad oggi in Europa (assimilazionismo e multiculturalismo) chiede di costruire una alternativa che riconosca il diritto di cittadinanza alle diverse identità nelle loro multiformi espressioni (quindi la loro presenza nello spazio pubblico) e utilizzi la cultura come terreno di incontro, perché sono le culture che, pur nella loro diversità, ci mettono in relazione.
La prospettiva della cittadinanza mondiale basata sul sentimento di appartenenza ad una comune umanità potrebbe riproporre la visione illuminista del cosmopolitismo, prospettiva mai decollata storicamente e adottata solo da una ristretta cerchia di individui colti, perché basata sulla convinzione di poter annullare tutte le differenze tra i popoli dovute alla storia, alla tradizione e alla cultura, che sono invece quegli elementi da cui esistenzialmente gli individui traggono la consapevolezza di sé, in nome del possesso di facoltà razionali unificanti.
La prospettiva del mondo plurale consente, invece, di acquisire una coscienza civile in grado di resistere ai pericoli della globalizzazione e di non limitarsi alla mera enunciazione dei principi, indicando un percorso impegnativo che implica l’esercizio di una responsabilità personale.
Il territorio europeo ed italiano, dove negli ultimi anni la presenza di cittadini stranieri è diventata più significativa, potrebbe diventare un laboratorio diffuso di sperimentazione del mondo plurale, perciò di convivenza civile nella forma della multicittadinanza.
Le scuole, le botteghe, le aziende, le stesse famiglie dove cittadini di origine straniera sono accolti, studiano e lavorano sono questi laboratori diffusi, forse senza saperlo. La sensibilizzazione e la formazione su queste tematiche dei protagonisti di queste realtà e il confronto tra i vari soggetti coinvolti, darebbero alle esperienze in atto la possibilità di sviluppare dal basso modelli di inclusione sociale, a partire da storie nuove di famiglie, di società, di culture e di relazioni.
Noi europei dobbiamo essere consapevoli della opportunità che la presenza di cittadini stranieri e di rifugiati rappresenta per la rigenerazione della nostra cultura e della nostra civiltà, nel cui ambito rientrano le strutture della vita sociale, gli ambiti della partecipazione politica, le regole di convivenza e l’etica comunitaria.
Rigenerazione che oggi, come in passato, avviene attraverso l’incontro e la contaminazione reciproca tra persone che sanno riconoscere la ricchezza presente nell’altro, respingendo la tentazione della chiusura suggerita da falsi patriottismi, anacronistici ed ottusi.
L’Europa è il luogo ideale per storia, tradizione e cultura per costruire il mondo plurale. Anche se sono in crisi le istituzioni europee a causa di governanti e di politiche inadeguate, i valori europei sono ancora incardinati nella struttura del nostro essere. La convivenza con gli stranieri e i rifugiati sono il banco di prova: o li rigeneriamo nell’incontro e nell’accoglienza o li abbandoniamo per scegliere una strada diversa.
Antonia Grasselli
Presidente Associazione StoriaMemoria.EU
Il sito ospita nella sezione “La Collana” progetti e prodotti multimediali che documentano sperimentazioni attuate nella scuola di educazione alla cittadinanza mondiale nel senso sopraindicato.
Il logo che apre la galleria fotografica si ispira alla medaglia che lo stato di Israele consegna ai Giusti tra le Nazioni all’atto del conferimento del titolo. Le azioni di salvataggio degli ebrei nell’Europa occupata dal Terzo Reich hanno aperto una breccia nel muro di complicità, omertà e paura, mostrando l’esistenza di una alternativa al genocidio. In questo modo, salvando vite umane, hanno impedito l’oscuramento totale della coscienza. Analogamente oggi qualsiasi azione positiva tesa all’incontro, all’accoglienza e alla promozione umana mostra l’esistenza di una alternativa alla chiusura aprioristica che, in nome del diritto alla difesa, è disposta a barattare la vita degli uomini.